Quello strano ricordo che provoca un dolore forte, come una abbraccio che toglie l’aria e lo senti nelle ossa, uno schiaffo che voleva essere carezza, quella voglia di leggere la vita come in realtà non è e da cui vuoi fuggire. Quel dolore che, chissà com’è, è sempre presente dentro di te.
Sta a me trovare la luce tra le foglie che cadono, sta a me non guardare il giallo del vecchio che muore e sentire il vento quel che soffia via quelle vite leggere, ed io ne sono capace, mentre vedo tante persone voler leggere in ogni cosa il dolore del ricordo.
E allora c’è chi fa finta di non vedere e chi si maschera per non vivere, ma scansare, quelli che non amano più per paura di soffrire e cercano una scusa per voltarsi di lato, un consiglio per placare la paura, una parola di conferma delle loro scelte.
E poi impari anche a vivere con la sofferenza, la superi e ti fai domande… “come mai se ne andata?”
Invece dovresti imparare ad urlare molto forte il tuo disagio, così forte che nessuno oserà avvicinarsi a te per farti ancora più male, facendo in modo che nessuno sappia ciò che è riuscito a farti di brutto.
Sono sentimenti che cadono come vasi e vanno in mille pezzi, e che poi cerchi di rimetterli insieme con l’oro che valorizza le fratture. Ma quando li guardi bene non sono belli, c’è sempre qualche luccichio dorato che ricorda la caduta.
Non vivo per scappare dalle sofferenze, preferisco combattere lucidamente piuttosto che illudermi di essere invulnerabile.
Con lo splendore e la sofferenza faremo
il pane della nostra vita,
senza rifiutare quanto porterà il vento
e non coglieremo solo la luce del cielo
ma anche le aspre cifre
dell’ombra sulla terra.Pablo Neruda