Non c’è che dire, il male fa sempre proposte affascinanti, oserei dire irresistibili, ma, come quando ti lasci sopraffare dalle emozioni, poi finisce sempre che ti penti di aver imboccato quelle strade.
Ed oggi siamo arrivati alla fine di un amore, l’amore per la libertà, che muore senza lasciarci la consolazione che di peggio non possa accaderci. Quella sensazione ce la darebbe solo la morte vera, ma è troppo presto per invocare ciò che sarà un giorno per tutti inevitabile.
Mi si scusi se qualcuno potrà leggerà in quel “tutti” del disprezzo maligno verso chi tale concetto mai ha appreso, perché son cose di natura che rendono giustizia anche all’essere più insignificante che ha calpestato questa terra desolata.
E chi si esalta nell’elogio alla non violenza, e chi si gira di spalle alle mani da troppo tempo tese verso chi ha tutto e chiede tutto a chi ha niente, come se certe domande dal basso fossero solo curiosità permanente e non già fame aggressiva di un popolo che si sostiene, unito, sempre più a fatica.
Poi senti i botti, gli strilli e le sirene, e dalle cortine di fumo escono voci che stridulano di odio, come se chiedere di respirare sia un oltraggio, far crescere i propri figli in un mondo decente sia una vergogna, dire no a chi ha palesemente tradito ogni fiducia sia uno scandalo.
No, non gioco a dare consigli, non so proprio dire quale sia la strada da percorrere, perché la più scoscesa potrebbe avere troppe curve stretta da superare, mentre quelle in salita non si sa fino a quale pendenza potranno arrivare.
Ma non mi sento nemmeno degno di condannare, troppo forte il male ha trasmesso i suoi languidi messaggi, troppo cattive sono quelle persone che ora temono che i cieli si scuotano, troppa abitudine ho fatto a quei turisti della violenza che hanno una giacchetta tutta strappata, non già per le battaglie a loro attribuite, ma per le mani che le hanno tirate verso l’una o l’altra sponda a seconda del momento.
Abbiamo avuto la furtuna di nascere e vivere in un mondo in cui nessuno ha potuto legittimamente regolare per strada i suoi affari, in cui nessuno ha mai potuto prelevare o uccidere arbitrariamente qualcuno in casa sua, ma siamo solo più fortunati, non migliori, di chi ha vissuto in altre epoche, ed ora c’è chi teme che tali usanze possano ritornare in voga, che la violenza possa diventare di nuovo l’unica via che l’istinto di sopravvivenza a tante anime buone possa suggerire.
Ma non c’è mai un momento in cui ci si chieda un perché, non c’è un attimo in cui non si ammetta che la piazza sia stata arringata anche pochi anni fa, con parole forti e gesti irrequieti, per combattere chi oggi è, stranamente, diventato un caro compagno di viaggio politico.
E la paura sale, mal celata da parole e facce di persone morte dentro, devastate da un cancro maligno e perverso che, presto, porterà via le loro membra miserabili.
Già, sembra che ci sia un mostro che voglia fare più morti possibile conscio di dover presto morire anche lui, ormai condannato, e noi anime divise tra chi pensa che i violenti ed i cattivi debbano essere trattati con gli stessi mezzi, e chi pensa che con la violenza, invece, non si ottenga nient’altro che violenza.
Qual è il limite?
Non lo so con certezza, forse non lo so affatto, ma intanto condanno l’indifferenza di tanti, quella che sicuramente porta solo al male, e che è propria anche di chi coi privilegi si sente in diritto di esternare le frasi fatte per dire che il violento ha sempre torto.
E allora cerchiamo di dimostrare intelligenza, cerchiamo di capire quando la violenza sia il fine a cui il male vuole portarci per poterci sopraffare, ma anche facendo capire a chi crede fermamente nella propria invulnerabilità, che il male non è mai stato riconoscente.
La violenza non ha mai indebolito un governo che ha il popolo, la ragione e la legge dalla sua parte.