Come state? Magari dormite, magari lavorate, ma volevo sentirvi.
Con chi siete, state parlando di cose belle, o l’anima si strugge in quella voglia di non voler più niente?
Le notti sono sempre più scure, ma pensando a ciò che c’è là fuori mi sento meno solo, e non so perché vi voglio ancora bene anche se mille volte ho visto che di me fareste coriandoli per i vostri carnevali.
È il tempo che passa, con la sempre più grande paura di affrontare tutti voi, con le vostre idee che si incastrano male nella mente come un pezzo di un puzzle estraneo, uscito dal sacco di qualcun altro che bene non vi vuole, per poi pensare che in fondo i peccati di una volta nulla erano rispetto a questa solitudine di lacrime e di anime tristi.
Che cos’è questa paura di stare a parlare con me? Che poi quando vi trema la mano mi chiamate per raccontare i difetti che vi fanno piccoli e che vi dico sempre essere vostre virtù.
E poi vi divertite a cercare ciò che mette a posto la coscienza, perché avete voglia solo di non avere più niente.
E i giorni passano lunghi e noiosi, e volete la nostra mano per camminare sereni, ed io non dico no perché la testa non comanda il cuore, anche se ogni mezzo poi è buono per farmi male, con quel sottile divertimento nel vedere che avete il simbolo per volare sulla mia testa, per un attimo, senza ali.
È tardi ma volevo sentirvi, sedetevi con calma e bevetevi un caffè, spegnete la scatola dei sogni degli altri: io non ho voglia di chiedervi niente, vorrei solo essere certo che le lacrime non scendano sulle vostre guance mentre dormite, perché tanto lo vedo benissimo, coi miei occhi azzurri, quanta tristezza c’è nel mondo in cui siete atterrati e di cui noi vogliamo darvi le chiavi per decollare via.
Sento che apparteniamo ad una sola famiglia, una grandissima famiglia di persone in fondo gentili, in cui o tutti sono felici, o tutti passano giorni inutili a cercare qualcosa di vero nella notte.
E la malinconia vi farà malissimo.