Ancora nel tempo

///
Categoria

Dormivo come di solito non faccio, stranamente sereno e senza pensieri, e sembrava che una mano mi scuotesse i piedi.

Non credo di essere stato immerso in un sogno in quel momento, non pensavo a nulla, la mente era libera e leggera, ed ho fatto un po’ di fatica a capire che qualcosa stava succedendo, che qualcuno volesse che mi svegliassi.

Ho aperto gli occhi a fatica e mi è apparsa una figura che ancora non riuscivo a mettere a fuoco. Io che dormo pochissimo, in quei momenti dormo, ma vedevo una immagine in bianco e nero.

Poi i cristallini iniziano il loro lavoro e le lacrime rendono nitida la figura davanti a me, tutta in sfumature di grigio, ma non grigio grigio, quel bianco e nero un po’ giallo delle foto che ho qui nella scatola.

Quando riconosco chi ho davanti, un uomo di 52 anni che non vedevo da 52 anni, osservo il suo viso che sorride non appena comprende che io avevo capito. Era soddisfatto, felice di essere lì con me, anche se in bianco e nero virato seppia, con quell’espressione che hai in quei momenti in cui fai una cosa che volevi fare da tempo.

Quella camicia estiva anche se oggi fa freddo, i pochi capelli perché l’elmetto in Albania li aveva rovinati.

“Ciao nonno, come stai? Dio come sono contento di vederti.”

Sentivo le sue mani sul mio piede, lo sentivo, e per un attimo ho ripercorso quei momenti in cui scendeva in barella la scala dell’hotel in cui eravamo in vacanza. Ed io avevo 3 anni, e lui 52.

“Ciao Massimo, sei cresciuto un po’ vedo.”

“Beh, dovresti aver visto tutto da lassù, come mai ti meravigli nonno?”

“Vedi Massimo, in realtà io sono rimasto qui, come quel giorno di agosto in cui in spiaggia ho bevuto una birra con tuo padre e… non so bene cosa sia successo dopo.”

“Nonno, come mai ti sento così forte, sento la tua presa, non sei un sogno, sei reale?”

L’emozione non c’era in quei momenti, era tutto normalissimo, naturale, non come adesso che, mentre scrivo, ho un nodo in gola.

“Nonno come stai?”

“Sto bene Massimo, è il 1968 e abbiamo appena vissuto anni incredibili, di gioia di crescita, anche se vedo che quest’anno sta portando un po’ di tempesta.”

“Sei preoccupato nonno?”

“No Massimo, ma mi guardò indietro, perché nel 1943, quando è nata tua mamma, io ero in Grecia a fare la guerra, ed avevo una paura enorme. Ho lottato e ne sono uscito, e poi ho visto l’Italia rinascere, ed ora non voglio che anche tu possa rivivere certi momenti. Ma quanti anni hai?”

“55 nonno, 55 e per la prima volta vedo nitidi i contorni del tuo viso, vedo le tue spalle larghe, sento il tuo calore. La nonna mi ha parlato sempre di te e mi diceva che per lei io ero il suo Francesco. Secondo lei ho preso tutti i tuoi difetti, tipo quello di alzare le mani, ma poi non credo che sia un gran difetto perché a modo nostro abbiamo sempre fatto del bene.”

“Massimo, allora sono passati tanti anni dal 1968, avete risolto tutti i problemi? Io ho perso molti amici in guerra, abbiamo regalato anni della nostra gioventù per liberare l’Italia. Avevo 22 anni in Albania, 23 in Grecia. Avete risolto tutto? Oggi vivete bene, siete felici? La nostra eredità vi ha donato gioia?”

“Sai nonno, per un po’ tutto è andato bene, poi abbiamo scordato di essere uomini, abbiamo pensato ai diritti prima che ai doveri, a noi prima che agli altri… e siamo caduti in basso.”

“Quante lire al mese guadagni Massimo?”

“Non ci sono più le lire nonno, oggi ci sono gli euro… e ce ne sono pochi. Io me la cavo, la vostra eredità di persone lavoratrici pronte al sacrificio l’ho fatta fruttare, ma tanta gente soffre.”

“Ma dopo la guerra tutti erano amici, fratelli, solidali: mi ricordo, Massimo, quella sensazione di leggerezza che abbiamo sentito tutti alle parole LA GUERRA È FINITA, come è possibile che le persone se ne siano dimenticate?”

“Hanno dimenticato questo e tanto altro nonno, e stanno tornando nella situazione in cui eravate voi 100 anni fa, dove la fame e la paura hanno portato il popolo verso soluzioni poi rivelatesi disastrose.”

“Massimo sei andato a scuola?”

“Sì nonno, mi sono laureato.”

“Massimo hai portato la divisa?”

“Sì nonno, ero Cavaliere di Savoia.”

“Massimo hai dei figli?“

“No nonno, il buon Dio ha deciso diversamente.”

“Massimo, ti sei comportato bene con la nonna Margherita?”

“Sì nonno, ero il suo cavaliere.”

“E la mamma sta bene?”

“Sì nonno, ci sono io, tranquillo.”

“Massimo, io non riesco ad essere né triste né preoccupato, io vivo nei miei anni felici con tutti i miei amici, e a loro racconterò del mio nipote che ho lasciato 52 anni fa quando avevo 52 anni, il mio nipote che si ricorda di me da vivo, che ha fatto in tempo a guidare la mia 1100 grigia senza avere la patente, e che oggi ha i pensieri che io avevo a 20 anni. Ma Massimo non aver paura, ne siamo usciti noi, ne uscirete anche voi, perché la radice è buona e, anche se oggi sembra che nessuno voglia fare il primo passo, come avvenne allora, ad un certo punto i migliori alzeranno la testa e tutti li seguiranno.

Massimo, stai coi migliori! Io ora vado, ma tornerò, voglio vedere se l’elmetto stempierà anche te.”

“Ciao nonno, spero di rivederti presto.”

Eppure avevo gli occhi aperti, eppure la sua mano mi accarezzava, eppure io ora piango, eppure non si può dividere nulla a questo mondo.

Ti è piaciuto? Condividi l'articolo!

My Agile Privacy

Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. 

Puoi accettare, rifiutare o personalizzare i cookie premendo i pulsanti desiderati. 

Chiudendo questa informativa continuerai senza accettare. 

Inoltre, questo sito installa Google Analytics nella versione 4 (GA4) con trasmissione di dati anonimi tramite proxy. 

Prestando il consenso, l'invio dei dati sarà effettuato in maniera anonima, tutelando così la tua privacy.