Quel mondo così piccolo (quando devi scappare)

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C’era foschia quella notte a sud di Buenos Aires e nella casa c’erano una coppia di persone adulte e due adolescenti.

Lui era assorto nella lettura di un libro di storia, lei vagava per la casa con in volto i segni della paura. Da un po’ di notti non dormiva, tormentata dai presentimenti. I capelli, una volta curati, erano diventati bianchi e questa trascuratezza la rendeva, ai più, non riconoscibile.

Ma non bastò.

Era in fuga dal suo paese da 4 anni, una fuga rocambolesca che le era costata ogni euro messo da parte in precedenza, aiutando quelle persone che avevano avuto l’idea tirannica. Le avevano promesso la tranquillità e la sicurezza, ma quando la gente ha compreso a quali macchinazioni era stata sottoposta ed aveva alzato la testa, lei era rimasta sola ed avrebbe pagato per tutti.

E allora via per il mondo, ma per lei le porte erano tutte chiuse, fino a quando alcuni amici, anche loro ormai nei guai, l’avevano riparata in quel posto sperduto in cui, molti anni prima, altri avevano tentato la fortuna dopo aver fatto volare milioni di vite per un camino.

E lei lo sapeva, dentro di lei sapeva che nessuno avrebbe dimenticato tutto ciò che si era dovuto mischiare al sangue, perché lei aveva deciso così un giorno che incontrò il denaro dei potenti.

Era una notte stranamente silenziosa, fredda, ed i ragazzini erano già nel letto da un po’, mentre due chilometri più a nord, sulla strada poco trafficata, una berlina americana un po’ scassata viaggiava lentamente, come se non avesse fretta, fino a fermarsi in una stazione di servizio, ma lontano dalle pompe di benzina. Erano in 3 a bordo, tutti con cappotto grigio con bavero alzato e cappello scuro. Uno aveva dei lunghi capelli biondi, ed era alla guida. Lessero per l’ultima volta un foglio in cui c’era un nome, un indirizzo, un volto di donna ed una formula da leggere in seguito. Non avevano cellulari, non avevano GPS. Parlavano italiano, e ripartirono fino ad una stradina illuminata male e piena di buche. Svoltarono a destra e la imboccarono. In quel momento non passava nessuno, erano le 23:30 ed in circa 30 secondi raggiunsero l’indirizzo scritto nel foglietto.

Scesero in due, mentre il biondo rimase in macchina con il motore accesso.

Suonarono alla porta e, pochi secondi dopo, la donna la aprì. Prima che gli uomini aprissero bocca gli occhi della donna assunsero una espressione d’odio che quasi li gelò, ma non disse niente. Aveva capito.

Il più alto le chiese: “Bea Zinnorel?”

Lei abbassò lo sguardo, mentre una lacrima iniziò a sgorgare dai suoi occhi che si stavano impaurendo. Quella sensazione di essere sola la stava soffocando, e la solita arroganza non si vedeva in quel momento.

“Venga con noi…”

“Lasciate stare i miei figli”

“Venga con noi e faccia silenzio”.

La accompagnarono in macchina e la fecero sedere sul sedile posteriore, in mezzo a loro, partirono e guidarono per circa mezz’ora.

Raggiunsero un lago piuttosto paludoso ed anche la strada si fece impegnativa per la berlina.

Scesero tutti e quattro dalla macchina e la donna aveva capito che la sua vita stava per finire. Dal suo corpo una volta lucente come un rettile al sole, ogni fluido si liberava bagnando le ciabatte da casa con cui era stata costretta ad uscire. Le uniche parole che disse furono

“Per favore, pietà”.

L’uomo più alto prese il foglietto che aveva in tasca e lesse il testo in esso scritto. Non so se lei sentì quelle parole, il suo fiato si era fatto pesante e la pressione era altissima. Le orecchie scoppiavano dal caldo. Capì solo che era una sentenza nei suoi confronti, una condanna definitiva e, finito di leggere, l’uomo le fece un cenno, ma le lacrime le rendevano poco nitide le immagini e tutto le sfuggiva.

Fu fatta inginocchiare in malo modo, chiese ancora pietà. Le tolsero la maglia che indossava ed il suo corpo esile, che in quel momento niente ricordava del potere di una volta, era alla mercé dei suoi sicari, e, mentre uno dei due le si parava davanti, il più basso, molto velocemente, le fece due iniezioni, una per spalla.

Lei cadde a terra in mezzo al fango, semi incosciente. La tensione era eccessiva.

La rimisero sul sedile della macchina e, senza proferire verbo, la riportarono a casa. La scaricarono davanti al patio della piccola ed anonima casetta, ben lontana dagli sfarzi di una volta, dove lei si svegliò qualche ora dopo, sorpresa di essere viva.

Non seppe nulla di più di quelle notte, vide solo due puntini sulle spalle.

Volse gli occhi al cielo.

Una mattina, mentre stava svegliando i suoi bambini…

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